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IL DESTINO DEL SOVRANISMO ITALIANO É NELL’IMPERIUM, NON NELLA NAZIONE

Come ormai i nostri lettori dovrebbero sapere, il patriotismo come difesa della identità dei popoli è un concetto differente dal nazionalismo: nel primo caso vi è una valorizzazione in positivo delle differenze presenti in autori come Dugin, De Benoist, Massimo Fini, contro l’omologazione mondialista. La mondializzazione si serve della tecnocrazia europeista per imporre ovunque il medesimo.
A difesa delle identità, in un processo che come abbiamo visto ricorda molto il movimento delle Insorgenze, si oppone una realtà molteplice definita sovranista. In un paese come l’ Italia, caratterizzato da complesse problematiche generate dal Risorgimento (sempre più oggetto di revisionismo storico) e da una forte e gloriosa tradizione regionalista, si è imposta negli ultimi anni un’ampia discussione sul superamento del modello centralista e nazionalista verso progetti autonomisti – e un risveglio delle piccole patrie.
Se indubbiamente la cessazione delle sovranità nazionali verso derive tecnocratiche rappresenta uno svuotamento della democrazia che dialetticamente porta a rivalutare positivamente il ruolo degli stati nazionali, nel caso italiano e soprattutto nel nuovo corso leghista è importante a nostro parere diffondere una cultura politica che tenga insieme l’istanza di sovranità con la difesa delle comunità locali. Come sostiene Giancarlo Giorgetti, oggi le nuove parole d’ordine sono SOVRANITÀ e COMUNITÀ.
Se però, come riteniamo necessario, vogliamo andare oltre agli slogan politici e impostare certi discorsi su basi salde, non possiamo che riscoprire e ovviamente attualizzare il pensiero politico di Johanes Althusius (1557-1638). Rimandando il lettore allo studio del suo principale testo “Politica methodice digesta” (1603), riteniamo che da questo grande pensatore politico europeo si possa trarre un insegnamento ancor oggi attuale, soprattutto vista la povertà ideale della politica-politicante odierna: in primo luogo Althusius è erede della concezione comunitaria di Aristotele e oggi è proprio il concetto di comunità la parola chiave per un paradigma politico degno di questo nome. Difesa del territorio sociale, economico e culturale-esistenziale e richiamo alla solidarietà politica oltre vecchi e inadeguati schemi. Volontà di essere un popolo e non atomi schiavi del “sistema per uccidere i popoli” come direbbe Faye.
Ovviamente l’appartenenza ad un popolo non annulla le differenze, anzi tali differenze vanno viste come una ricchezza. Quindi il federalismo è in primo luogo la capacità di coniugare differenze ed unità, cosa che nell’immaginario della premodernità era ben chiaro (si veda nell’esperienza dell’ Imperium). È un concetto riattualizzato da diversi autori del novecento e del XXI secolo che lo hanno riportato in auge, incitando ad uscire dagli schemi e recuperando quella mentalità organizzativa capace di coniugare la partecipazione dal basso (comuni, regioni, corpi intermedi) in un ottica di rigorosa sussidiarietà, dove il soggetto più piccolo delega ad una competenza maggiore solo ciò che non è in grado di fare. Questo implica senso dell’interdipendenza comunitaria ed è molto lontano da una atomizzazione sociale che come vediamo negli scritti di Thomas Hobbes viaggiano di pari passo al Leviatano e hanno origini dalle teorie di Bodin che rompe con la tradizione poliarchica occidentale. Althiusius invece è in un certo senso un erede del concetto di Imperium. Merito di Alain De Benoist è stata la sua riscoperta. Potremo dire che l’opera del filosofo transalpino e la sua riflessione sull’Europa dei Popoli è un crocevia di due filoni identitari: quello di destra impegnato a ridefinirsi nel secondo dopoguerra su grandi spazi anche legati all’Eurasiatismo e al suo esponente principale Alexander Dugin e quello legato al federalismo padano-alpino ben illustrato dal fondamentale libro “Le radici del federalismo” di Stefano Bruno Galli, frutto del dibattito sull’Europa dei Popoli portato avanti nei circoli culturali dell’etnoregionalismo.
Indubbiamente si può obbiettare che tale elaborazione teorica possa avere uno iato con la politica-politicante relativamente alla discesa al sud della nuova Lega di Matteo Salvini. Noi crediamo, che pur senza negare una serie di problematiche nate con il nation-building risorgimentale, possa essere non solo possibile ma necessario una collaborazione tra le varie Italie come risposta corale ad una domanda di sovranità e comunità.
Revisione redazionale di Agra

 

SOVRANITÀ E IDENTITÀ LE SFIDE DEL TERZO MILLENNIO

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