ECCO PERCHÈ ESSERE COMUNISTI DOPO IL ’68 È UN DOVERE
Come i nostri lettori sanno un ruolo particolare nell’ elaborazione del pensiero comunitarista è svolto dalla collana Circolo Proudhon sempre attenta a proporre testi il cui contenuto si ponga in dissidenza rispetto al pensiero unico. Tra le connesse iniziative culturali di cui il Talebano e l’Intellettuale dissidente si sono fatti promotori – all’interno di un percorso di laboratorio culturale al di là degli schieramenti tradizionali di destra e di sinistra – è stata la presentazione del nuovo lavoro di Lorenzo Vitelli: Un comunista a Parigi nel’ 68 – Metamorfosi del capitalismo nel pensiero di Michel Clouscard, ed. Prudhon, 2016.
SALVIAMO IL DUOMO DAL MATERIALISMO
Abbiamo visto nei precedenti articoli che la nostra epoca è contrassegnata da un economicismo integrale o per usare le parole di Diego Fusaro di “monoteismo del mercato”. Sempre seguendo il pensiero del giovane allievo di Costanzo Preve, possiamo dire che nel nostro tempo il capitalismo è pienamente realizzato in modo talmente sviluppato da diventare totalitario, distruggendo quello che rimaneva dei valori religiosi comunitari.
IL SENSO DEL SACRO PER RESPINGERE IL MODERNISMO
Come sostiene Massimo Fini, la contrapposizione politica e culturale principale dei nostri tempi è tra chi sostiene il “nuovo ordine mondiale” e chi invece sostiene le ragioni riemergenti del comunitarismo. Per i primi, questo sistema, che si presenta oggi in via di pieno compimento, porterebbe benessere e felicità per tutti. Ma osserviamo uno iato tra le concezioni dell’ideologia del progresso e la realtà: un malessere crescente per tutti, coscienti o meno, con le caratteristiche delle malattie mentali, dei comportamenti alienati, del nichilismo e della disgregazione sociale.